Fra i monasteri gestiti dai Pulsanesi dobbiamo ricordare anche Santa Croce del Corvo al confine tra Liguria e Toscana nei pressi della foce del fiume Magra. Grazie ad una bolla di Papa Clemente III del 1139 sappiamo con certezza essere presente una piccola comunità pisana degli Scalzi. Il monastero è spesso ricordato come luogo della “resistenza” (della congregazione) nei confronti del Vescovo di Luni che non voleva riconoscere i loro  possedimenti anche dopo una seconda bolla papale di Innocenzo III.

I Pulsanesi nel periodo della loro espansione non si limitavano ad accettare inviti e concessioni dalle diverse zone, ma una volta insediati avevano la capacità, data la loro esemplarità, di raccogliere consensi e donazioni rendendo la Congregazione più forte e più ricca. La “resistenza” terminerà con un accordo tra le due parti di tacita sopportazione. 

L’origine del cenobio di Santa Croce risale tra l’XI ed il XII secolo periodo a cui appartiene anche il prezioso crocifisso intagliato nell’olmo (da cui deriva il nome del cenobio) e collocato in origine nella cappella dell’antico monastero.

Il Cristo in pieno stile medievale come il Volto Santo di Lucca ha uno sguardo espressivo e di grande impatto con i tratti del volto simili alla Sacra Sindone. Il culto per i Crocifissi tunicati era molto diffuso nei monasteri benedettini e camaldolesi.

Per ben due secoli il monastero fu abbandonato per le incursioni dei pirati, e la minaccia di Genova che avevano reso il luogo pericoloso. Il crocifisso fu spostato a Sarzana e solo al termine di molteplici vicissitudini fu riposizionato in una piccola cappella edificata sul sito dell’abside originaria.

Fu poi confiscato e incamerato dal demanio e solo nel 1952 la proprietà viene acquistata dai Carmelitani Scalzi che iniziano il recupero degli edifici e la sistemazione del vasto parco per farne un complesso di accoglienza e spiritualità.