Le grandi vie dei Tratturi hanno origini preistoriche come spiega Gabriella Marucci nel suo libro “l’Arcangelo”:

Il termine Tractoria deriva dal latino ed è utilizzato nel diritto agrario romano per indicare l’istituzione dell’uso gratuito delle vie pubbliche, curate e protette dallo stato

Regolamentate già dai romani dal III/ II secolo a.c. erano ” battute” incessantemente da comunità che avevano nella pastorizia la loro fonte di sostentamento.

Le transumanze hanno caratterizzato per secoli la vita dei pastori in viaggio: da Ottobre a Maggio camminavano assieme alle loro greggi in un lento e metodico passo e in una unione che segnerà l’inizio di un racconto millenario. 

Spesso ci si fermava, ci si ristorava e si invocava il Dio protettore e lì, proprio dove si era invocato, venivano ammassati dei sassi creando un piccolo altare che nel tempo e l’incontro con la fede ne farà dei santuari, luoghi di culto per pregare. 

Qui si potrà sostare, interrogare e ripararsi sotto la protezione del loro Dio praticando ed incentivandone il culto . Nel tempo diventeranno grotte, spelonche, romitori luoghi di riconoscimento ed incontro della comunità pastorale in viaggio verso il tavoliere delle puglie ed al loro rientro al termine della stagione.

Troveremo inoltre sin dalle prime storie bibliche racconti di grandi transumanze nei patriarchi che saranno “pastori di greggi e di popoli”, così come Gesù. I pastori batteranno anno dopo anno gli stessi sentieri creando un percorso che segnerà l’inizio delle “Vie” per come le conosciamo oggi.

I tratturi nel Medioevo

Il traffico su queste arterie sarà sostenuto fino alla caduta dell’Impero Romano. Dimenticate nei secoli bui dell’alto medioevo verranno  riscoperte a cavallo tra il XII e il XIII secolo. La loro sopravvivenza è legata ai transumanti ma soprattutto alla Transumanza  Sacra, inizialmente posta sotto la tutela di Ercole passa nel tempo sotto l’ala protettrice di San Michele.

La singolarità che ritroveremo è il trasporto secolare che il culto del Dio nelle e, delle grotte, ha portato sino all’Arcangelo, in un gemellaggio che ha origini antiche, sin dall’Asia Minore e successivamente in Grecia. 

Sono state rinvenute alcune iscrizioni, un questo caso greche, del V e del VI secolo dove San Michele era a custodia delle porte cittadine e non a caso nella stessa Benevento longobarda troveremo ben sette chiese presso le otto porte della città . 

Ercole stesso prima dell’arrivo di Michele in Grecia aveva avuto la stessa funzione come guardiano delle porte, funzione che ritroveremo anche a Roma proprio al VII miglio della Via Salaria dove sorgerà la prima basilica occidentale di San Michele. 

Diversi esperti hanno rintracciato un tempietto votivo di Ercole Italico e della Dea Madre, andati perduti, ma abbiamo prova della loro esistenza grazie a lavori di scavo effettuati dalla Sovrintendenza di Roma nell’area tra la Salaria e il Fidenate, area a carattere agro pastorale. I reperti oggi visibili sono all’interno di uno spazio museale del Centro Commerciale di Porte di Roma con un area espositiva dedicata. 

Vi troviamo diversi ex voto dedicati alla Dea e una testa di Ercole proveniente proprio da Castel Giubileo dove sorgeva la prima basilica del “Beati Archagelo in Septimo“.

Si può quindi dedurre che Ercole e san Michele vegliavano su Roma e che la prima basilica sia sorta proprio in luogo già noto come “porta cittadina” a protezione della città.

Grazie all’evangelizzazione e al passaparola, che funziona sempre, all’azione dei longobardi, il culto di San Michele si insidia facilmente ed Ercole viene messo da parte. I suoi santuari sono consacrati a Michele cosa che vedremo successivamente anche per Maria dove sarà Lei a prendere “possesso ” dei santuari rupestri.

A San Michele passarono tutti i patrocini di Ercole sui pastori e sulle mandrie, sulla salute delle famiglie, alle attribuzioni taumaturgiche oltre all’aspetto di Giovane Guerriero.

Per le regolamentazioni dei tratturi in tempi successivi si dovrà attendere Alfonso d’Aragona che promulgherà la “regola dogana della mena delle pecore in Puglia“, regola soppressa nel 1806 che tutelava chiunque volesse transitare sulle vie sotto attenta vigilanza, garantendo di arrivare sani e salvi e di vendere la lana al pagamento di un’imposta, la fida.

In questa epoca la transumanza registra dati di massima espansione sulle quattro vie principali più le secondarie. I territori più “battuti” saranno le regioni di Abruzzo e Molise e proprio il Molise è la regione di passaggio obbligatoria della transumanza appenninica come ci ricorda sempre Gabriella Marucci. 

I pastori una volta giunti in Puglia sostavano nei pascoli affittati per circa otto mesi da Settembre/Ottobre a Maggio, periodo calendariale che troviamo narrato presso la Basilica di San Michele Maggiore di Pavia.

Testimonianze

Dobbiamo segnalare per dovere di storia che non esiste nessuna documentazione scritta del tempo  di questo fenomeno e tutti gli esperti concordano nel ritenere che le fonti più attendibili sono le storie narrate e, successivamente trascritte  attraverso le generazioni che hanno raccontato e “camminato” in prima persona su queste vie e, che, ogni luogo o “memoria sacra” ritrovata, donava loro fiducia, sicurezza e fede ricordando che tutto sarebbe andato bene.

Non avendo registri scritti del massiccio flusso di transumanti abbiamo rischiato di perdere questo importante patrimonio legato all’importanza economica del tempo, dei luoghi, del bestiame e della lana, lasciando ai pastori, protagonisti inconsapevoli la vera memoria storica.

L’UNESCO nel 2019 ha inserito la Transumanza nella Lista del Patrimonio Culturale Immateriale, riconoscendone il valore storico ed umanistico