Il Bel San Michele di Pavia: il Libro di Pietra
“L’Italia del Nord e l’Italia centrale erano attraversate dai cammini di San Michele, come la Francia lo era da
quelli di San Giacomo: erano l’asse dell’iconografia e diffondevano sino a Modena il racconto figurato delle cavallerie di Artù. Nel mirabile sogno di pietra di San Michele di Pavia vivono, a uno stato puro e sovracuto, certe combinazioni ornamentali, una ricchezza di vitalità e una qualità enigmatica”.
Queste sono le parole di H. Focillon per Il “Bel San Michele di Pavia“ (cit. da Adriano Peroni) che, come vedremo, sarà sempre più un” libro di pietra” per chi ha la curiosità di leggere e leggervi le simbologie che racconta.
Storia della Basilica
San Michele Maggiore, la più importante Basilica del Regno Longobardo è giunta sino a noi imponente e maestosa come doveva apparire agli occhi dei molti Re e dei devoti non appena varcato il portale di ingresso.
Sacra, austera, regale, la prima basilica di San Michele venne costruita intorno al 630 secondo gli scritti di Paolo Diacono, biografo di Corte, che ne fa risalire la fondazione al Re Grimoaldo I.
Di fondazione antica quindi, ma non per mano dell’imperatore Costantino come si pensava inizialmente. E’ totalmente legata ai Longobardi di cui è diventata simbolo. Inizialmente non venne considerata subito basilica palatina, ma con il tempo divenne centro di riferimento religioso e politico dell’impero. Nell’anno 1004 un incendio distrusse parte della chiesa che fu ricostruita ed ampliata con il nome di San Michele Maggiore per differenziarla da San Michele Minore sorta poco fuori Pavia. Il monumento attuale è una ricostruzione databile al 1117 a seguito di un terremoto.
Le incoronazioni
Non si hanno tracce storiche di un cerimoniale longobardo per le incoronazioni, ma sappiamo che inizialmente avvenivano per acclamazione da parte dei guerrieri. Successivamente con l’arrivo di Teodolinda, la conversione al cristianesimo e la vicinanza con il papato, si ebbe la prima incoronazione nella piccola chiesa di San Michele a Monza. Con l’arrivo dei Franchi il riconoscimento per “mano divina” passera’ al Duomo di Monza e poi definitivamente in San Michele di Pavia.
Nella chiesa vengono incoronati Berengario I, nell’888, con il figlio Guido da Spoleto, nell’889; Ludovico III, nel 900; Rodolfo di Borgogna nel 922; Ugo di Provenza, nel 926; Berengario II nel 950 con il figlio Adalberto II nel 951; Arduino d’Ivrea nel 1002; Enrico II detto “Il Santo” nel 1004.
E il 17 aprile del 1155, sarà incoronato Re nel bel San Michele di Pavia anche un grande devoto dell’Angelo Guerriero, Federico Barbarossa, che unirà spesso il suo nome anche ad una congregazione monastica legata al culto Michelita nata nel 1129, i Monaci Eremiti Pulsanesi detti gli Scalzi provenienti dalla Terra Garganica.
Il luogo delle incoronazioni
Entrando in chiesa si nota sul pavimento della navata centrale un mosaico a piccoli tasselli che racchiude quattro cerchi di marmo nero che a loro volta circondano un cerchio nel quale troviamo una riproduzione della Corona Ferrea di Teodolinda ed un’epigrafe in latino:
“REGIBUSCORONAM FERREAMSOLEMNI RITU ACCEPTURISHEICSOLIUM POSITUM FUISSEVETUS OPINIOTESTATUR”
Questo è il punto esatto in cui avvenivano le incoronazioni. Il Re dopo la proclamazione usciva dal portale della navata di destra, detta ‘Porta del Paradiso’ (oggi murata).
San Michele e la Basilica – Il Libro di Pietra si racconta
Nella Basilica possiamo rintracciare diversi simbolismi partendo dalla sua fondazione originaria. Passando dall’esterno al suo interno dove tutto è riconducibile alla sacralità del cosmo, al sacro ciclo delle stagioni, al punto preciso delle incoronazioni, al viaggio della vita attraverso il labirinto per poter accedere alla Sacra Via della Luce- la Via Lattea- la Via del Castello dei Celti-, per fare ritorno a Dio condotti dall’Arcangelo Psicopompo. Inoltre tutta la Basilica è una celebrazione per il Divino a cui San Michele presiede. La Basilica è scrigno segreto di arte e storia sin dalla facciata. testimonia l’antichissima fede della comunità pavese. Pavia, come Brescia, Spoleto e Benevento e le altre città Longobarde furono passaggio importante nella storia del Cristianesimo.
I Re che si susseguirono costruirono chiese affinché nessuno possa rinunciare al cammino di conversione e di ritorno a Dio dove San Michele è tutore, custode in vita e nel trapasso ( in veste di Psicopompo) e, proprio in questa basilica non si dimentica di lasciare un “cammino” che aiuti i fedeli a chiedere perdono, ad affidarsi ed a provare a comprendere il Divino.
Il luogo dell’edificazione infatti non fu scelto a caso. Pavia e Benevento, capitali della Langobardia Major e Langobardia Minor, sorgono vicino ad un fiume: il fiume che scorre e “lava” i peccati e sotto le fondamenta della chiesa rilascia quell’energia purificatrice che perpendicolare all’altare diventa nelle cattedrali medievali simbolo di energie divine e salutari per la guarigione del corpo e dell’anima.
In particolare, il nostro San Michele sorge sulle rive del Ticino e diviene una basilica importante sulle vie di pellegrinaggio che portano verso Roma e sino alla Terra Santa. E’ nel cammino penitenziale che il pellegrino può cercare la grazia divina. Un cammino che può iniziare proprio affrontando il Labirinto che troviamo scolpito sulla pietra e che nel tempo ha perso parte dell’originaria bellezza ma non è andato del tutto perduto.
Alcuni scavi archeologici effettuati presso la basilica nel 2018/2019 hanno portato alla luce resti di edifici altomedievali probabilmente riconducibili al palazzo Reale adiacente alla Basilica.
Pavia: Il mosaico pavimentale, il Ciclo delle Stagioni, il Labirinto
L’interno della Basilica custodisce uno dei più antichi mosaici figurati medievali riportato alla luce nel 1972. Rappresenta una mirabile opera di maestranze del tempo e narra il Ciclo delle Stagioni ed una delle prime riproduzioni in un luogo sacro del Labirinto. Il mutare della natura è raffigurato nel Re Anno vestito in abiti imperiali con clamide, scettro e globo crucigero, assiso in trono ed affiancato dai mesi suddivisi in due semestri: da Dicembre ad Aprile (Primavera- Pasqua – Raccolto) da Maggio a Novembre (Autunno- Avvento- Semina)
La parte visibile tiene conto di due trimestri in particolare. Alla sinistra sinistra del Re Anno (Febbraio- Marzo- Aprile) e alla sua destra (Maggio- Giugno- Luglio) facilmente identificabili dal nome e rappresentati da personificazioni nell’immaginario iconografico medievale. Ciò che oggi possiamo osservare è la parte rinvenuta dopo il 1972 a seguito dello spostamento dell’altare e della pedana che coprivano la porzione interna impedendone la visione.
Grazie ai documenti conservati presso la Biblioteca Vaticana e ad un disegno di fine 1600 si è riusciti a riportarli alla luce e ad avere una chiara rappresentazione di come fosse in origine, dandone poi la corretta descrizione. (Da Adriano Peroni, il Bel San Michele di Pavia)
Davanti ad esso è raffigurato un labirinto della prima metà del XII secolo che presenta diverse figure animali. La ricostruzione grafica ha consentito di recuperare per intero la raffigurazione del Labirinto, con al centro Teseo che uccide il Minotauro (lo diceva l’iscrizione: THESEUS INTRAVIT / MOSTRVMQUE BIFORME ET FORTIS / CVPIENS DARE VULNERA MORTIS / STERNITVR ELATVS/STAT MITIS AD ASTRA LEVATVS: il mostro biforme, feroce e bramoso di dare ferite mortali.
Con la vittoria di Teseo è abbattuto il superbo, il mite viene elevato alle stelle e rappresentato da una figura umana che trafigge il drago su di un cavallo alato. Possiamo quindi trovare un parallelismo con la figura dell’Arcangelo Michele in lotta contro il Drago, simbolo delle forze oscure che danneggiano l’essere umano.
La vittoria di Teseo sul Minotauro inoltre rimanda alla vittoria di Davide su Golia esempio noto nelle Sacre Scritture. L’eroe più debole destinato a vincere per volere divino.
Il labirinto in epoca medievale diventa elemento caratterizzante di luoghi di culto Cristiani a disposizione dei fedeli per compiere un percorso di guarigione.
Collocato in punti visibili come altari, cappelle laterali o in ambienti nascosti come le cripte, da figura geometrica acquisisce per il cristiano una forte valenza diventando mezzo di salvezza ed espiazione dei peccati.
Nel labirinto cristiano unicursale non c’è inganno: c’è solo una via che porta alla guarigione dell’anima.
Il labirinto riporta all’Io più profondo accedendo alla vera essenza di se stessi ed al contatto con il Divino.
Un cammino spesso ingannevole, non semplice, dove si ha l’impressione di tornare indietro prima di giungere al centro che rappresenta Dio, quindi un ritorno a Dio ed alla Fede. Un cammino fatto di ostacoli, cadute, salite e discese dove la lunghezza, la tortuosità del percorso, alludevano alle difficoltà che si possono incontrare seguendo il cammino spirituale.
La funzione del labirinto inoltre è quella di essere simbolo del pellegrinaggio o del cammino di espiazione: spesso veniva percorso durante la preghiera e aveva la validità di un pellegrinaggio per chi non poteva intraprendere un vero viaggio.
Infatti Il passaggio attraverso il labirinto era chiamato anche “pellegrinaggio“.
Si seguiva un cammino obbligato e durante il tragitto non si poteva mai ripassare attraverso un punto già superato o abbreviare il percorso.
Spesso veniva percorso scalzi o in ginocchio, come atto penitenziale, per sconfiggere il proprio ego e una volta vinto, l’Ego, il Minotauro , Golia , l’Uomo sa di aver vinto le tenebre ed essere giunto alla luce, Luce di cui San Michele è Custode.