Dalle origini della Congregazione alla soppressione 

 Tre sono i personaggi che intrecciano le loro vite con l’Arcangelo Michele e con la Congregazione dei Pulsanesi: San Benedetto, il cui l’Ordine mantiene per lungo tempo i monasteri dedicati all’Arcangelo, San Gregorio Magno che ha la visione di San Michele a Roma nel 590, San Pascasio, monaco irlandese alla ricerca del contatto con Dio attraverso i luoghi dedicati all’Arcangelo.

Durante questo lungo periodo -dal 480 a dopo l’anno 1000- vengono innalzate le più importanti Abbazie, Santuari e Chiese dedicate a San Michele. Nel 591 nasce l’Abbazia di Pulsano sotto impulso di San Gregorio Magno, plausibilmente per celebrare i 100 anni dalla prima apparizione nel Gargano e ad un anno di distanza dall’apparizione Romana sulla mole Adriana, oggi Castel Sant’Angelo.

Vista panoramica dall’Abbazia di Santa Maria di Pulsano sul Golfo di Manfredonia

Grazie ai possedimenti della sua famiglia, la Gens Anicia, la stessa di Benedetto ed originaria di queste terre, Gregorio Magno fonda il primo cenobio affidandolo all’ordine monastico cavalleresco degli Equizi -o Cavalieri di San Michele– che poco dopo sono sostituiti dai monaci Benedettini, che sposano una regola rigida e priva dell’aspetto cavalleresco. Avranno la reggenza fino al X secolo momento in cui il monastero passa ai cluniacensi, ma non prima di un importante passaggio, quello di San Pascasio, il primo eremita irlandese legato all’Ordine di San Colombano che incontriamo nel nostro percorso a Bobbio.

Gregorio Magno detta i suoi canti a un monaco benedettino miniatura conservata al Cleveland Museum of Art

Asceta per scelta, Pascasio, parte dalla lontana Irlanda alla ricerca di un luogo vicino al Monte di Michele, di cui era devoto, avendo avuto un’esperienza mistica presso Skellig Michael. Giunto nel Gargano fu uno dei primi eremiti a costruire ed abitare il vallone degli eremi; eremi che saranno poi abitati dai Monaci Pulsanesi e visitati da Santa Bona da Pisa.

Nascita della Congregazione dei Pulsanesi

Bisognerà attendere il XII secolo per veder nascere la Congregazione dei Pulsanesi. Sarà grazie a San Giovanni da Matera che recatosi in pellegrinaggio alla Grotta di S. Michele, mentre è in preghiera nella grotta  “vede” l’Arcangelo  assieme a una giovane donna, Maria Odigitria “Colei che indica la Via”, che gli affida la missione di fondare un cenobio dedicato al culto della Madre di Dio.

Ruderi del primo monastero femminile Monastero San Barnaba Apostolo, Monte Santangelo

Giovanni parte quindi alla volta della rocca a strapiombo sul mare, luogo mistico e silenzioso e con sei amici inizia i lavori di rifondazione nell’anno 1129. Ben Presto da sei, i monaci diventano 70 e, nota singolare, non riuscendo a contenere le donne decidono di accogliere una piccola comunità femminile presso un monastero a metà strada tra Monte Sant’Angelo e Pulsano, il “Monastero di San Barnaba” di cui oggi non resta che memoria scritta e qualche rudere.

Monaci Eremiti Pulsanesi

Giovanni da quel momento sarà, inconsapevolmente, il fondatore di una delle più importanti congregazioni monastiche che sopravvive per ca. 300 anni: i Monaci Eremiti Pulsanesi, detti “gli Scalzi”, termine che arriverà loro con l’arrivo a Pisa. Ben presto si forma una piccola comunità maschile e femminile. Si attengono alla regola di San Benedetto praticando l’elemosina, lavorando la terra, curando il gregge e andando scalzi. Hanno il divieto di mangiare latte e e i suoi derivati, carne e vino attenendosi ad un regime alimentare estremamente frugale. Si dedicano ad attività apostolica tra i contadini e soprattutto tra i pellegrini alla Grotta di San Michele e anche diretti ai santuari di Santa Maria Maggiore e San Leonardo in Lama Volara a Siponto, ultima tappa prima dell’imbarco per la Terra Santa.    

Abbazia di San Leonardo in Lama Volara, Siponto, Manfredonia

Con il fondatore la congregazione si estende sino a Foggia dove è presente a Santa Cecilia, S. Bartolomeo di Carbonaria, S. Andrea in Monte S. Angelo, S. Giovanni ai piedi di Monte S. Angelo e S. Paolo di Civitate. Nel 1177 si aggiungono due monasteri femminili fuori zona, SS. Trinità in diocesi di Orvieto e S. Cipriano, in diocesi di Bagnoregio.

La Congregazione si espande velocemente anche verso nord. Fonda tra il 1198 e il 1213 cenobi a carattere eremitico in Toscana e oltre. Il primo è costituito nella chiesetta di S. Maria di Valle Romita, sul Monte Pisano, andata perduta. E poi San Michele di Guamo presso Lucca, Santa Maria Intemerata a Firenze, San Michele degli Scalzi in Orticaria a Pisa, S. Jacopo del Podio fra Pisa e Pontasserchio, monastero ed ospitale fondato con l’aiuto di Santa Bona. E infine, i monasteri delle isole slave dell’Adriatico, Mljet e Hvar, dirimpettaie del Gargano dove il culto di San Michele è molto radicato.

Veduta del monastero di Santa Croce del Corvo Bocca di Magra, la Spezia

I monaci nel tempo saranno conosciuti proprio come gli “Scalzi, termine che arriverà loro a Pisa e precisamente nel 1167. Su invito dell’Arcivescovo Villanova, la comunità prende possesso di un piccolo oratorio fuori città, nella zona dell’Orticaria e lo trasforma nell’attuale San Michele degli Scalzi, dedicato al loro Santo Patrono.

Michele si dimostra essere veramente un buon protettore. La comunità si espande prima a Lucca con l’attuale San Michele in Guamo, per arrivare sino in Liguria, a Luni, con il monastero di Santa Croce del Corvo (oggi gestito dai Carmelitani Scalzi) dopo essersi espansi in tutto il centro sud e fino alle coste della Dalmazia.

Chiesa di San Michele a Guamo, Lucca

Di questo importante sviluppo sono artefici il secondo e il terzo Abate di Pulsano, Giordano che acquisisce un’importante chiesa a Piacenza e Gioele che furono abili, soprattutto Gioele, nel coltivare contatti e mantenere buoni rapporti con il clero e con l’impero, come vedremo.

Nel 1151, il pontefice Eugenio III tramite bolla papale dispone che tutti i monasteri indipendentemente dai superiori locali dipendano dall’Abate di Monte Sant’Angelo e che si osservi e si rispetti la regole dettata dall‘Abate.

Nel 1158, la congregazione ottenne da Federico Barbarossa il riconoscimento di tutti i beni piacentini e l’esenzione dei monaci dai tributi purché si seguano le regole dell’Abate Gioele.

Gioele non si accontenta e sapendo che Papa Alessandro III da Benevento avrebbe mosso verso Pulsano nel 1176, lo invita per la consacrazione della nuova chiesa il 30 gennaio: una cerimonia  che non vedrà poiché muore prima. Il 9 febbraio del 1177, a memoria della visita e della scomparsa dell’Abate, Papa Alessandro III emette una bolla a favore della comunità con altri privilegi. Dobbiamo ricordare che Alessandro III conosce e apprezza molto gli Scalzi e Santa Bona in quanto ex canonico della cattedrale di Pisa.

L’ordine degli Scalzi sopravvive fino al 1300 e si estingue definitivamente nel 1426 sotto il pontificato di Papa Martino V.

Gli ultimi superstiti del ramo pulsanese ripudiano la regola del fondatore, San Giovanni da Matera, entrando a far parte dei Cistercensi, Benedettini e Canavesi, a seguito delle diverse vicissitudini legate alla gestione economica e religiosa della congregazione da parte degli Abati in ruolo. Proprietà e monasteri man mano vengono abbandonati, espropriati o chiusi mantenendo solo San Michele degli Scalzi, San Michele in Guamo e Pulsano per un breve periodo di tempo. Quest’ultimo a differenza di Pisa entrerà in Commenda sotto la gestione cardinalizia romana e sarà seguito ben poco, passando di mano in mano, tra ordini mendicanti o eremitici che vivranno per lo più negli eremi. Pisa resterà la roccaforte della congregazione fino all’ultimo.

Gli Scalzi superano indenni le lotte di potere, gelosie tra monasteri e le vicissitudini della chiesa, sopravvivendo per circa 300 anni mantenendo Pisa e Pulsano come roccaforti della Congregazione. Proprio a Pisa grazie all’incontro con una giovane “ribelle” pellegrina Santa Bona, gli Scalzi si dedicano alla carità, all’assistenza dei poveri e dei pellegrini che transitano per Pisa verso i più importanti centri di culto Compostela, Roma e Monte Sant’Angelo,  fino in Terra Santa.

Decadenza e scioglimento dell’Ordine

Furono commessi molti errori che portarono allo scioglimento della Congregazione. Uno dei primi lo commise lo stesso Federico Barbarossa che, privilegiando la comunità con donazioni e immunità, la rese molto potente tanto da non rappresentare più l’ordine eremitico fondato sulla povertà e sull’elemosina.

Inoltre, a distanza di trecento anni, i quaranta monasteri divennero difficili da gestire data la loro lontananza. Malumori interni, lotte, ripicche erano all’ordine del giorno anche tra le consorelle e spesso gli Abati dovevano mediare tra un monastero e l’altro talvolta dando da fare anche ai Papi, non proprio contenti di dover mettere pace ad ogni piccola rivolta nata in seno alla Congregazione.

A seguito di tutte queste vicissitudini fu naturale che alcuni monasteri, soprattutto Pisa e Lucca, decidessero di staccarsi dalla gestione di Pulsano per contendersi il primato come monastero di riferimento in territorio toscano, spingendo per avere una loro indipendenza. Tra i due monasteri la spunterà Pisa. 

Per dovere di cronaca segnaliamo che San Michele degli Scalzi è inserito in uno studio su 200 monasteri a regola benedettina e nel cammino che effettuiamo ben tre sono i luoghi scelti come oggetto di studio: l’Abbazia di Novalesa, San Michele alla Verruca (andato distrutto e visibile solo in ruderi) e San Michele degli Scalzi.

Tra le altre fondazioni della congregazione nel centro-nord Italia segnaliamo quelle di Vallebona, Luni, Sulmona, Bagnoregio, Orvieto, Roma.

Nel 1274, con il quarto Concilio lionese, si decide la soppressione di molti ordini mendicanti. Bisogna giustificare la propria congregazione affidandola ad una regola canonica e non più solo ad una regola di vita. Negli ordini mendicanti si salveranno i Domenicani e i Francescani, con regola attiva e con un gran numero di seguaci, faticheranno i carmelitani mentre i pulsanesi per i loro conflitti interni, saranno sciolti.

Da Lucca a Pisa passando per Firenze  

Come per Piacenza, il Vescovo di Lucca inviterà la comunità in Toscana e il terzo Abate di Pulsano, Gioele, sarà ben contento di accettare mettendo a segno un ulteriore tassello all’espansione della comunità.

L’arrivo in Toscana tocca in primo passo Lucca con San Michele a Guamo, chiesa dedicata all’Arcangelo sulla via pisana alle falde del Monte San Giuliano. Poco dopo il loro insediamento, Gioele riesce a mettere a segno un altro colpo da maestro arrivando in provincia di Firenze, presso Santa Maria Intemerata di Fabroro, vicino Bagno a Ripoli dove, poco distante, viene stabilito anche un monastero delle monache pulsanesi. 

Queste ultime ben attente a loro volta allo sviluppo della comunità acquistano delle case a Firenze, in via San Gallo, trasferendo il monastero e dando alla nuova chiesa il titolo di Santa Maria ad Nives.

Chiesa di San Michele degli Scalzi, Pisa

In questo momento l’ascesa della congregazione è ai massimi livelli e l’Arcivescovo di Pisa, Villano, fa la sua mossa: nel 1167 invia una missiva a Gioele con cui invita la comunità a prendere possesso di una chiesa in località Orticaria. Gioele accetta e Pisa, da quel momento, sarà il punto strategico della comunità fino alla soppressione della Congregazione.

Chiesa di San Michele degli Scalzi Pisa

I Monaci Eremiti Pulsanesi detti gli Scalzi si consolidano proprio qui dove verrà concesso loro di insediarsi in una chiesa già presente dal 1025, un piccolo oratorio fuori le mura della città: l’attuale San Michele degli Scalzi.

La più rappresentativa per l’ordine poiché molto simile al Gargano. Sarà dato loro il terreno che sapranno far fruttare e vi verranno coltivati non solo erbe ed ortaggi per il loro sostentamento, ma per la cura delle popolazioni, come avveniva al  monastero madre sul Gargano.

Situata in posizione strategica, come Pulsano, accoglie e accompagna chiunque entra ed esce dalla citta. In realtà, è posta in una zona di controllo pronta a bloccare eventuali attacchi.

Proprio in questa chiesa Santa Bona, pellegrina, realizzerà il progetto con l’Abate Simone, di San Michele a Guamo, per la costruzione San jacopo de Podio, con annesso ospitale per pellegrini e bisognosi, chiesa andata distrutta e ricostruita nel 1400. 

La chiesa attualmente presente presso Pisa è la terza chiesa di pellegrinaggio in città assieme a San Michele in Borgo, a sua volta presente e costruita sul tempio di Marte.

San Michele in Borgo, Pisa

Nata poco prima del 1016 da fondazione benedettina sarà dedicata all’Arcangelo sin dall’inizio e diverrà camaldolese nel corso del tempo. Inizialmente posta presso porta Samuel, poco fuori le mura della città, verrà inglobata nel XIII secolo nelle mura cittadine.

Per correttezza di informazioni segnaliamo la presenza della chiesa dei Santi Jacopo il minore e Filippo, da non confondere con San Jacopo de Podio. Pisa, nel XII secolo, è crocevia di pellegrinaggi diretti ai Santuari più importanti e il culto di San Giacomo è molto sentito così come il culto di San Giacomo il Minore e San Filippo.

Segnaliamo che la presenza di chiese dedicate all’Arcangelo nel territorio toscano avrà due aspetti: il primo sarà legato alla carità molto affine agli ordini monastici e mendicanti, vedi San Michele degli Scalzi e San Michele in Guamo; il secondo sarà il combattente dove la sua figura, scolpita sui diversi arredi, vedrà sempre l’Arcangelo come Guerriero degli ordini Cavallereschi e protettore  dei luoghi e delle anime,  vedi San Michele in Borgo.

Nel 1412, il complesso di San Michele degli Scalzi, esaurito il periodo dei Pulsanesi, passa sotto gli Agostiniani dopo un periodo di cessioni continue e chiusure momentanee e nel 1463 sarà ceduto ai Canonici Regolari Lateranensi. Siamo nel momento in cui i monasteri dell’Ordine sono in gestione alla Commenda che riesce a malapena a coordinarli ma sappiamo che Cosimo de’ Medici dispone un intervento per la chiesa e per il chiostro.

Ad oggi presso l’archivio parrocchiale è presente un manoscritto che dal 1773 al 1889 raccoglie tutti i passaggi legati alla chiesa. Il Testo è reperibile presso il sito ufficiale della chiesa di San Michele degli Scalzi ed accessibile a tutti. Nel 1888 parte della chiesa è annessa ad una fabbrica di ceramiche che verrà venduta a Richard Ginori, fabbrica che chiuderà nel 1975/76.

Dal 1900 la chiesa subirà molti cambiamenti. Il primo sarà la chiusura al pubblico e le messe verranno celebrate nel corridoio della sacrestia. Durante la seconda guerra mondiale la chiesa subirà ingenti danni a seguito dei bombardamenti.

Ad oggi è realizzato nell’ex stabilimento Richard Ginori il Centro Espositivo San Michele degli Scalzi, su progetto dell’architetto Marco Guerrazzi che ha previsto il recupero dell’ex monastero, consegnandolo nuovamente alla città e ai cittadini.