La Via Micaelica Pannonica​

itinerari micaelici nell'Est Europa

Il Monte San Michele nell’Ansa del Danubio, tra Zebegény e Nagymaros/Visegrád, nel Parco Nazionale Ipoly Danubio, nel Börzsöny, al confine tra Ungheria e Slovacchia.

Un cammino che, attraverso la Slovenia, il lago Balaton, Veszprém, Esztergom e
Budapest, seguendo la via che portò i Longobardi in Italia, promuova la sinergia tra Via Roma Strata, Via di San Martino, Cammino jacopeo pannonico, Via di Maria, Via Slovakia, Cammino del Sultano e Cammino delle Perle, con ipotesi di proseguimento per l’Ucraina e possibilità di integrazione con via micaelica che salga dal Gargano attraverso i Balcani.

Note per pronuncia dei toponimi ungheresi

Ny = come Ñ in spagnolo Gy = come in “du” nella parola inglese “duke”
S = come “sc” nell’italiana “Scienza” Ly = come “gl” nell’italiano “Gli”
Zs = come “g” nell’italiano “giornata”
N.B. = Le vocali non accentate graficamente sono brevi, quelle accentate graficamente sono lunghe (in ungherese
l’accento tonico cade sempre sulla prima sillaba).

Avvertenza

Se non diversamente specificato, le chiese citate sono tutte da intendere affiliate alla chiesa romano-cattoliche di rito latino. Solo al di là del Danubio (venendo da Ovest), oltre il Monte San Michele sull’Ansa del Danubio, andando verso l’Ucraina, si incontrano chiese cattoliche ma di rito greco-bizantino (ed in tal caso l’affiliazione viene specificata).

Il Monte San Michele di Zebegény, nel Börzsöny

Per secoli il Bacino dei Carpazi, la Pannonia, le terre della Corona del Regno Apostolico d’Ungheria sono
state collegate da un’importante arteria viaria denominata “Via Postumia” o “Via Pannonica” che dalle
pianure del Nord Italia portava al Lago Balaton (che fino al 1000 era sotto la diocesi di Aquileia) e da lì nel
Nord dell’Ungheria storica, oggi corrispondente all’attuale Repubblica slovacca, regione ricca di risorse
naturali (legname e minerali, per esempio oro).

Ottokár Prohászka Anastasia di Kiev e Andrea I d’Ungheria sul Balaton

Il monte San Michele di Zébegény (pronuncia “Zèbèghégn”), nel Börzsöny
((pronuncia “Börgiögn”)(oggi diocesi di Vác, ma fino al XX secolo arcidiocesi di Esztergom) è stato per secoli sede di un importante monastero, con annessa rete di romitori, e di importanti culti, che hanno alimentato fino ad epoca recente anche non indifferenti fenomeni di pellegrinaggio religioso.

Tra i più noti pellegrini c’è da segnalare Ottokár Prohászka, illustre prelato ungherese di Nitra (località oggi in territorio slovacco), prolifico autore di opere a carattere filosofico, teologico, storico e pastorale (oggi edite in 25 volumi), già alunno del Collegio Germanico-Ungarico di Roma, docente di
teologia nel seminario di Esztergom e professore di teologia dogmatica all’Università Cattolica di Budapest, membro dell’Accademia ungherese delle scienze e dal 1905 vescovo di Székesfehérvár. Egli era solito, infatti, recarsi a piedi da Esztergom al Monte San Michele di Zebegény.

I resti del complesso monastico rupestre, sorto su precedente (ci dicono gli archeologi)  insediamento di epoca romana risalente al III-IV secolo d.C. (facente parte della rete di governo romano del “limes“ tra Solva Mansio,l’attuale Esztergom, e Pone Navata, l’attuale Visegrád), sono noti con il toponimo “Remetebarlang” (Grotte degli eremiti”), in corrispondenza del pontile/fermata treni e navi “Dömös”. Scavato nella roccia vulcanica (tipica del Börzsöny e del complesso del Pilis, ricco di sorgenti calde), l’insediamento eremitico era di pertinenza del monastero basilita di Sant’Andrea di Visegrád, fondato per iniziativa del re Andrea I d’Ungheria (1046-60) e della moglie Anastasia di Kiev, figlia di Jaroslav I Vladimirovič detto il Saggio (Kiev, 978 – Vyšhorod, 1054), qui raffigurati in un monumento moderno collocato a Tihany, lungo le rive del lago Balaton.

Fino al 1221 nel monastero si seguiva la liturgia greco-ortodossa, che prevedeva l’uso della lingua greca e dello slavone ecclesiastico.

László Boda (1929-2014), ultimo abate del
San Michele di Zebegény

Successivamente passò (insieme ad ampie proprietà agricole e forestali che si estendevano fino a Szob, in direzione di Esztergom) al monastero benedettino di Szebény, località nei pressi di Pécsvárad, nella regione del
Baranya (capoluogo Pécs, in italiano Cinquechiese), prendendo l’intitolatura micaelica. Nel XIV secolo il monastero rupestre di Zebegény passò alla Corona. Il nome degli abati è documentato dal 1332. Al capitolo benedettino di Visegrád del 1342 è documentata la presenza di un abate di San Michele a Zebegény di nome Henrik, mentre nel 1483 Mattia Corvino, dichiarando il complesso in grave stato di deperimento, sopprime il convento e trasferisce il beneficio al Vescovo di Pécs (che nel 1629 dovrà passarlo a quello di Esztergom). Nel 1493 vi si stabilisce un eremita paolino (dell’Ordo Fratrum S. Pauli Primi Eremitae). Tra gli ultimi prelati a portare (per volere dell’arcivescovo e primate di Esztergom) il titolo di abate di San Michele a Zebegény il più noto è sicuramente László Boda (nato nel 1929 a Drégelypalánk, nel Börzsöny del Nord, morto nel 2014), insegnante di teologia, autore di numerosi studi, anche di carattere storico, su numerosi
temi (dalla Sindone di Torino al carattere non ugro-finnico della lingua ungherese)

Una delle poche strutture in muratura superstiti del monastero rupestre di San Michele di Zebegény. Per gentile concessione di Csókáné Salamon Melitta e Csóka Árpád, autori della monografia su Zebegény intitolata “Zebegény - Kézikönyv helybélieknek, nyaralóknak és idelátogatóknak” , Zebegény: DeMax Művek, 2011

Ricalco del disegno, eseguito nel 1868, che descrive lo stato del monastero a quella data. L’autore dell’originale è
Flóris Rómer (Pozsony/Bratislava, 1815 – Nagyvárad/Oradea, 1889), padre benedettino, storico dell’arte, artista, docente universitario, membro dell’ Accademia Ungherese delle Scienze, padre dell’archeologia ungherese moderna.
Per gentile concessione di Csókáné Salamon Melitta e Csóka Árpád

Rilievo planimetrico del luogo del monastero con ipotesi di strutture murarie originarie (in linee tratteggiate). Per gentile concessione di Csókáné Salamon Melitta e Csóka Árpád.

Recentemente un erudito locale ha proposto una singolare e alquanto avvincente, ma tutta da dimostrare, teoria secondo la quale il Monte San Michele e gli annessi insediamenti militari e religiosi avesse un ruolo importante di insediamento intermedio tra i due maggiori centri di potere del Regno d’Ungheria (Esztergom e Visegrád), magari anche come possibile luogo in cui meglio conservare (tra boschi, anfratti rocciosi e anonimi romitori) la Corona del Regno (senza la quale il sovrano non poteva essere considerato legittimo).

Dettagli del complesso della Chiesa rupestre di Zebegény. La tomba dell’abate di San Michele di Zebegény; rilievo in terracotta con
incoronazione della Vergine (interno della cappella rupestre); (copia di) busto di matrona romana nel giardino della custode della
chiesa, la signora Teresa (dissidente in Australia nel 1956, tornata in Ungheria nel 1990), che abita a fianco della chiesa rupestre.